Non sempre, nei business plan, viene messo adeguatamente in evidenza quello che, invece, è uno degli elementi fondamentali per la valutazione di un’attività, vale a dire l’EQUILIBRIO. Cosa significa che un’azienda è in equilibrio? 

Innanzitutto, vi invito, se non l’avete ancora fatto, a leggere il mio articolo che, più in generale, definisce quali devono essere le caratteristiche di un buon business plan: leggi di più

Andando, ora, più nello specifico della questione, vediamo di analizzare i 3 aspetti, interrelati e complementari, che descrivono l’equilibrio di un’impresa. 

  1. Equilibrio patrimoniale. Innanzitutto, questo riguarda il rapporto fra capitale proprio e debiti. Normalmente, si tendono a prediligere aziende che non siano troppo indebitate, sebbene in Italia, ahimè, sia ancora molto diffusa la prassi di far affidamento in modo eccessivo sul debito, soprattutto bancario, ma anche di fornitura e tributario. Molti imprenditori pensano che sia sufficiente fondare una SRL e versare il capitale sociale minimo di legge per fare impresa in modo adeguato, ma non è assolutamente così. Consideriamo, poi, che il patrimonio netto viene, spesso, rettificato dagli analisti, detraendo il valore delle immobilizzazioni immateriali (giudicate poste “fumose” e difficili da valorizzare) e dei prelievi effettuati dai soci. Questi accorgimenti non fanno altro che peggiorare ulteriormente il rapporto, che magari già non era eccellente, fra capitale proprio e debito. Un altro aspetto importante, analizzando il patrimonio, è dato dall’osservazione di quanto gli investimenti siano in un certo senso “congelati” in beni destinati a permanere in azienda per molti anni, quelli che in gergo sono chiamati “immobilizzazioni”, dunque: immobili, impianti, macchinari, arredi e così via. Da un certo punto di vista, tutti questi beni rappresentano un patrimonio importante per l’impresa, ma se l’attivo è fatto quasi esclusivamente di questa tipologia di investimenti, l’azienda rischia appunto di essere “immobilizzata” dalle sue stesse scelte di allocazione delle risorse, risultando dunque poco flessibile e non così capace di adattarsi prontamente ai mutamenti di mercato.
  2. Equilibrio finanziario. Riguarda la capacità dell’impresa di far fronte agevolmente, e stabilmente, ai propri impegni di pagamento a breve termine. Per calcolarlo, normalmente si mettono in rapporto fra loro le poste dell’attivo e del passivo dello stato patrimoniale, in una logica di congruenza temporale: gli investimenti, cioè, devono essere sempre finanziati con fonti che prevedono un rimborso “spalmato” in una durata simile a quella in cui, presumibilmente, questi beni daranno la loro utilità. Facciamo un esempio: se acquistiamo dei macchinari, dobbiamo utilizzare del denaro che possiamo o non restituire, come il capitale proprio, o restituire in tempi lunghi, ratealmente, come avviene in un mutuo chirografario.  Un’azienda che compri un macchinario utilizzando i soldi del conto corrente perché “tanto ci sono”, rischia poi di trovarsi a secco di liquidità quando arrivano le ordinarie scadenze mensili. Ovviamente, ci sono indici appositi da calcolare per valutare l’equilibrio finanziario, come l’indice di copertura immobilizzazioni, il current ratio e il quick ratio. 
  3. Equilibrio economico. L’azienda deve ottenere un reddito positivo, e questo reddito deve essere giudicato congruo sia in rapporto a quanto apportato dai soci/azionisti, sia al totale del capitale investito, dunque dell’attivo dello stato patrimoniale. In realtà ci sono diversi indicatori di redditività, ma i più importanti sono quelli che si riferiscono alla gestione caratteristica aziendale, ovvero alla ragion d’essere per cui l’impresa è stata fondata ed opera. Si devono analizzare e commentare valori importantissimi come il MOL (EBITDA in linguaggio internazionale), il Reddito Operativo (EBIT) ed indici come il ROI e il ROE. In particolare, il ROI acquisisce un’importanza elevatissima, perché mette in rapporto il Reddito Operativo con il totale degli investimenti presenti in azienda, dunque esprime la redditività della gestione caratteristica aziendale presa a sé stante, indipendentemente dalle effettive scelte di finanziamento che sono state adottate. Il MOL (EBITDA) è altrettanto fondamentale, in quanto esprime contemporaneamente la capacità dell’impresa di produrre, dalla propria gestione caratteristica, non solo un reddito, ma anche un flusso di cassa (cash flow). Il reddito, infatti, rappresenta il valore positivo che riusciamo ad estrarre dal nostro lavoro, ma finché non si concretizza in “cassa”, è di fatto inutilizzabile. 

Avete domande? Contattatemi a info@marcomassari.eu per un parere più personalizzato. 

Vi ricordo che il mio ufficio è a Fidenza, e che con la mia attività di consulenza aziendale copro abitualmente le province di Parma, Reggio Emilia e Piacenza. Valuto, però, volentieri anche incarichi in altre parti d’Italia, in considerazione del fatto che, laddove i km di distanza siano oggettivamente molti, è possibile utilizzare tutte le più moderne tecnologie per le riunioni a distanza. 

La mia consulenza aziendale riguarda, fra le altre cose, la preparazione e la realizzazione di business plan. Nel corso degli anni, i miei business plan sono stati d’aiuto a tante imprese per una maggiore autoconsapevolezza aziendale, o per l’ottenimento di fidi e finanziamenti, oltre che per la ricerca di nuovi soci. Potete leggere qui alcune testimonianze dei miei clienti: https://g.page/massariconsulting/review