Quello che le banche non dicono – Nelle scorse settimane, siamo stati sommersi da una serie di articoli che, con toni molto allarmistici, ci mettevano in guardia dalle “nuove regole europee per le banche” grazie alle quali sarebbe molto più facile essere inseriti nell’elenco dei “cattivi pagatori”, con conseguenze nefaste sulla possibilità di accedere al credito bancario. Ho letto articoli quasi terrorizzanti, che riportavano addirittura l’impossibilità di sconfinare, e che già predicevano tonnellate di bollette stornate e famiglie in difficoltà. In tutto ciò c’è qualcosina di vero, e molto di eccessivamente gonfiato. Soprattutto, si tratta di piccole modifiche ad un sistema che già era molto rigido! Se siete interessati a queste nuove regole, leggete pure i seguenti articoli, che provengono da fonti affidabili e dicono il vero: 

www.ilsole24ore.com/art/quando-il-conto-rosso-si-diventa-cattivo-pagatore-ADCe6fAB

Banca d’Italia – Nuova definizione di default e conseguenze per i clienti delle banche

Più che commentare le recentissime modifiche, mi interessa maggiormente analizzare il sistema nel suo complesso, che già da anni appare penalizzante, soprattutto per chi conduce un’attività aziendale.

È da anni che continuano a “strozzare” gli imprenditori con regole sempre più difficili da rispettare!

Nelle conclusioni del mio libro “L’impresa di essere imprenditori”, infatti, avevo citato, fin dalla prima edizione, un intervento dell’amministratore delegato di BANCO BPM, Giuseppe Castagna, che (a fine 2018) era stato pubblicato su “Il Sole 24 ore”. In pratica, Castagna lanciava un allarme: troppe regole nel settore del credito rischiavano di aprire, di fatto, le porte a circuiti alternativi di finanziamento, legati alla criminalità. È da un po’, dunque, che l’allarme è stato dato, e a farlo sono stati addirittura personaggi di spicco dello stesso sistema bancario.

Una doverosa premessa a ciò che segue è questa: ho una profonda stima dei BANCARI, io stesso ho lavorato in banca per dieci anni. Con le banche mi confronto quotidianamente per tentare di dare un sostegno concreto alle aziende mie clienti, e conosco davvero un sacco di gestori davvero bravi, disponibili e competenti. Il problema non sono i bancari, ma i “banchieri” nel senso dei padroni delle banche, e dal di lì dobbiamo salire ancora, per arrivare ai “poteri forti” che decidono e impongono le regole, a cui i poveri bancari non possono far altro che adeguarsi, seppur a malincuore. 

Anche i muri, ormai, ahimè sanno che fidi e finanziamenti vengono concessi basandosi unicamente sul concetto di RATING, che è il “voto” che ci meritiamo e che sintetizza il nostro essere, o meno, “buoni clienti”.

I RATING, semplificando al massimo, dipendono dai nostri bilanci e da quanto è presente nelle “banche dati”: Centrale Rischi, CRIF, protesti, pregiudizievoli e cose del genere. In pratica, il nostro comportamento passato! Abbiamo mai dato problemi ad una banca o a una finanziaria? Paghiamo le rate? Sconfiniamo? Le carte di credito vengono pagate regolarmente? Abbiamo emesso assegni a vuoto? E via dicendo. I muri sanno anche che, a seguito dell’epidemia da Covid-19, erano stati fatti un sacco di proclami relativi agli aiuti che sarebbero stati dati alle imprese, che si sono rivelati poco più che parole al vento: le regole del rating non sono, infatti, state cambiate, con la conseguenza che tantissime aziende “non perfette” si sono viste negare i finanziamenti, o questi sono arrivati con tempistiche bibliche e dopo un iter burocratico quasi infernale. 

Le regole per la concessione del credito, man mano che gli anni sono trascorsi, sono diventate sempre più severe e, soprattutto, hanno drammaticamente uniformato le valutazioni delle varie banche, tant’è che, oggi, se si comincia ad incassare un “no” da una banca, sarà molto difficile trovarne un’altra che ci valuti in modo totalmente differente. Oggi, anche le BCC (Banche di Credito Cooperativo), che un tempo erano quelle che, più delle altre, riuscivano a stare vicine al loro territorio di riferimento, sono state soggette ad un processo di integrazione fra loro che le ha portate, di fatto, a diventare molto simili a tutte le altre banche. 

Da cosa dipende, tutto questo? Dalla regolamentazione europea, certo, così come dalle direttive date da importanti enti internazionali come il Comitato di Basilea. È giunta l’ora, però, che la popolazione si svegli, per dare una scossa al sistema e per chiedere a gran voce che cambi, tornando più simile a quello del passato, in cui la valutazione UMANA, non quindi quella delle macchine e degli algoritmi, aveva il sopravvento. Per protestare, però, è giusto comprendere bene come stanno le cose, e cercherò di spiegarvele nel modo più semplice possibile.

Innanzitutto, sappiate che la diceria per cui “i soldi vengono dati a chi non ne ha bisogno” è assolutamente VERA. Il meccanismo è diabolico, e cercherò di renderlo comprensibile: le banche danno soldi sulla base di un calcolo probabilistico, dunque per prestare, diciamo, 100 a un ottimo cliente, bisogna “accantonare” prudenzialmente soltanto 10 del capitale della banca, perché la probabilità che questo credito non venga restituito è bassissima. “Accantonare” significa letteralmente “bloccare”, “mettere da parte”. Dunque, facendo finta di essere la banca e di avere un capitale di 100, possiamo scegliere se dare complessivamente 1000 di fidi a 10 ottimi clienti (accantonando 10 per ciascuno, a fronte di 100 di fidi cadauno), oppure 200 complessivi a due clienti “così così” (accantonando 50 per ciascuno), oppure 100 ad un cliente solo, la cui azienda sta andando molto male (accantonando, dunque, l’intera somma di 100). Dunque, avendo a disposizione un capitale di 100, la banca deve scegliere se dare questi 100 a clientela con rating molto bassi, trasformandoli in 100 di fidi, oppure sfruttare il “moltiplicatore” permesso per legge, dando molti più fidi a clienti con rating elevati. La scelta, dal loro punto di vista, pare logica, no? Sottolineo il fatto che i calcoli di questi accantonamenti sono molto più complicati, la mia è solo un’esemplificazione per rendere il concetto. Anche le percentuali indicate sono puramente esemplificative.

Questo meccanismo si innesca anche perché le banche, ormai, sono aziende private, ovvero S.p.A. che devono rispondere ai propri azionisti. Quando sono contenti gli azionisti? Quando guadagnano, certo, e il modo giusto per guadagnare è dare più fidi possibili, a clienti che con elevate probabilità non avranno alcuna difficoltà a restituirli. Questa cosa, a mio modo di vedere, è aberrante, perché le banche non possono essere gestite con una logica privatistica! Non ci vuole molto a capire che la possibilità di far credito sia da vedere come un’importantissima funzione di interesse pubblico: le banche dovrebbero, cioè, essere più simili ad un ospedale che ad una multinazionale privata! Ci tengo a ribadire che, personalmente, non sono uno di quelli che statalizzerebbe tutto, anzi credo nel mercato e nella libera concorrenza, ma quando si parla di credito, si parla di “linfa vitale”: è come negare una trasfusione ad un soggetto che ne ha un estremo bisogno. 

Volete, poi, sapere qual è la più grande assurdità che viene permessa? Anche in questo caso, il meccanismo è complesso, ma cercherò di spiegarvelo nel modo più semplice possibile. Le banche sono aziende private, che rispondono agli azionisti, dunque devono cercare di rendere i loro bilanci più belli possibile.  Capita, ovviamente, che parte del denaro dato a prestito non riesca ad essere restituito, e venga dunque perso: in linguaggio tecnico, queste si chiamano “sofferenze”. Sapete come fanno le banche a nascondere queste poste? Semplice: vengono cedute. La legge permette, anzi INCENTIVA la cessione di queste sofferenze ad altre società, che spesso poi le cedono a loro volta, ad ulteriori soggetti giuridici! Tecnicamente, questo sotterfugio permette di “liberare il capitale” precedentemente accantonato, che può essere dunque reimpiegato. Dicendo ciò, cerco di aprirvi gli occhi su questo: mentre una volta le banche ci tenevano al loro denaro, e cercavano di intavolare col debitore in difficoltà delle trattative, sottoscrivendo piani di rientro e monitorando ogni sviluppo della relazione, oggi la logica è quella di “liberarsi in fretta del problema” perché, con la regola dell’accantonamento di capitale che vi ho descritto, nel bilancio della banca non c’è (quasi) differenza fra il “dare i soldi per persi” e perderli davvero. Meglio, dunque, cedere la patata bollente ad altri soggetti, nascondere la polvere sotto i tappeti e ripartire “puliti”. Credetemi, ho conosciuto diversi imprenditori che desideravano trattare per il pagamento dei loro debiti ma che, davvero, hanno fatto una fatica immane a capire con chi dovessero parlare, perché in questo continuo passaggio della “patata bollente” (che in gergo tecnico si chiama NPL – un acronimo inglese che sta per “credito deteriorato”), si finisce a non sapere più a chi pagare, anzi sembra proprio che di ricevere questi soldi non importi quasi a nessuno! Con la conseguenza, ovvio, che la partita rimane segnalata nelle “banche dati”, rovinando per anni il rating e condannando le persone all’impossibilità di accedere al credito. 

I sostenitori della logica del RATING dicono che, grazie alle nuove regole, la quantità di denaro perso dalle banche è calata drasticamente. Dobbiamo però considerare che tanto di questo denaro “incagliato” è uscito dalle porte delle banche per rientrare nel sistema dalla finestra, essendo assorbito da queste “società veicolo per la gestione di NPL” o in quelle che in gergo vengono chiamate “bad bank” (ovvero, “banche cattive”, piene di marcio). Permettetemi, poi, un’altra considerazione: quando i fidi si facevano con la testa, e non coi computer, purtroppo è capitato che tante persone se ne siano approfittate: in Italia siamo maestri nella logica degli abusi di potere, tangenti, favoritismi, clientelismi e così via. C’è forse da stupirsi che i soldi, spesso, siano stati dati all’amico dell’amico? Certamente no, ma questo non significa che il sistema “umano” fosse da abolire! Semplicemente, andavano ricercati e perseguiti i comportamenti criminosi. 

Oggi, coi fidi fatti al computer, si è, oltretutto, quasi del tutto persa la buona abitudine di andare a visitare le aziende, per cercare di capirle davvero. Sono davvero pochi i gestori che si alzano dalla scrivania e vanno a vedere le imprese, perché tante direzioni non li incentivano più a far questo, e i RATING hanno fatto scollegare il cervello: tanto l’unica cosa da fare è mettere i dati nella macchina e attendere il responso. Tutto ciò ha causato, e sta continuando a causare, conseguenze DRAMMATICHE che, oltre a mettere in seria difficoltà tantissimi imprenditori, non fanno che incentivare i comportamenti criminosi. Volete qualche esempio? Eccovelo servito: 

  • dare fidi senza andare, di fatto, a visitare le aziende, fa sì che vengano finanziate imprese che esistono solo sulla carta, dunque anche le famose “cartiere” la cui esistenza è giustificata unicamente dal fatto di creare false fatture o perpetrare altri comportamenti criminosi;
  • le stesse regole del rating possono premiare i criminali! Eccezion fatta per una percentuale di imprese che DAVVERO rispettano le regole per avere un ottimo voto da parte del sistema, sappiate che esistono anche soggetti, tecnicamente capaci, che utilizzano le regole per creare “in laboratorio” aziende perfette, destinate ad avere un ottimo Rating sul sistema bancario! Come? Facendo bilanci parzialmente fasulli, oppure manipolando artificialmente le banche dati, ad esempio consegnando in maniera occulta del denaro ai propri debitori, per fare in modo che, a fine mese, le ricevute bancarie vengano pagate. E così via. La fantasia criminale non ha molti limiti, mentre invece l’imprenditore reale, che magari è pieno di problemi da risolvere dalla mattina alla sera, non conosce bene le regole e viene punito dal sistema;
  • un’altra logica, terribile, che viene tacitamente sostenuta, è quella dei prestanome! Visto che il sistema non accetta nominativi col “pedigree sporco”, molto meglio metterci persone formalmente “pulite” per coprirne altre che, magari, hanno avuto in passato qualche problema, che sarebbe perfettamente giustificabile, sapendo collegare un attimo il cervello. 

Una logica del genere non ha alcun senso, anche se analizzata da un ennesimo punto di vista: le valutazioni vengono, infatti, incentrate unicamente sul passato, con l’assunto che “chi ha fatto bene continuerà a farlo” e “chi ha sbagliato, sbaglierà nuovamente”. Questa, però, è una cavolata bella e buona, perché anche dal punto di vista psicologico sappiamo che l’apprendimento procede per tentativi ed errori. Quando le cose non vanno come vorremmo, se sappiamo fare tesoro dell’esperienza accumulata, potremo trasformare gli sbagli del passato in esperienza che ci servirà per il futuro. Il sistema, invece, oggi “marchia” chi ha fatto errori in modo indelebile, escludendoli di fatto dai giochi. Avanti, dunque, coi prestanome e i bilanci ritoccati!

Pensate che tutto questo sia giusto? Personalmente, io credo che sia aberrante.

Auspico davvero che, nell’immediato futuro, in tanti vorranno unirsi a questo mio “grido”, per chiedere a gran voce che le regole del gioco vengano cambiate.

Credo che gli imprenditori sani, debbano avere il diritto di mostrare con orgoglio le cicatrici che, magari, si sono fatti sul campo, senza doversi nascondere dietro a familiari compiacenti o ad altre “teste di legno”. Credo che abbiano il diritto di mostrare i loro bilanci VERI, avendo la possibilità di spiegarli, senza dover per forza rientrare nei parametri ottimali che le banche, sempre più, richiedono. E credo anche che debbano avere il diritto di spiegare il perché di qualche sconfinamento, o di qualche rata non pagata, perché magari hanno avuto dei problemi, come tutti, e non sono riusciti ad essere perfetti. Tutto questo, senza essere esclusi dai giochi! Perché le alternative, in caso di esclusione, sono due: o rivolgersi alla criminalità (usura o quant’altro), o trasformarsi in piccoli criminali, facendo carte false e trucchetti del genere. Sia chiaro, io sono un grande fautore e assertore della legalità a tutti i costi, ma le regole del gioco devono essere eque e possibili da rispettare. Altrimenti, finirà che molti imprenditori si ritroveranno obbligati a comportarsi come con quelli che rubano al supermercato per fame: ladri, certo, ma magari impossibilitati nel concreto a scegliere una condotta differente. 

Se ti è piaciuto il mio articolo “Quello che le banche non dicono” puoi leggerne altri simili nella mia sezione Blog.