Ci sono dei momenti in cui, indubbiamente, l’attività di impresa va gestita con modalità differenti da quelle usuali. Quello che stiamo vivendo è certamente uno di essi, in quanto l’emergenza coronavirus ci ha messo di fronte a criticità che non dipendono dalle nostre aziende internamente, ma sono (chiamiamoli così) “fattori esogeni” e soprattutto totalmente imprevedibili.
Come deve comportarsi un imprenditore che si trova di fronte ad uno scenario così drammaticamente ed imprevedibilmente modificato nel giro di pochissimo tempo?  Teniamo presente che tanti imprenditori oggi si ritrovano con le aziende forzatamente chiuse e quindi con la matematica impossibilità di incassare; come gestire l’azienda in questi momenti?
E allo stesso tempo cosa dobbiamo aspettarci dalle banche ai tempi del coronavirus?

La situazione italiana: aziende piccole e sottocapitalizzate e stretto rapporto con le banche

Certamente in Italia paghiamo il prezzo di uno dei difetti principali del nostro capitalismo, ovvero la sottocapitalizzazione aziendale. Le nostre imprese sono mediamente piccole, spesso piccolissime, e non hanno al loro interno i capitali necessari per fare da “cuscinetto” di liquidità in questi momenti di forte stress finanziario. A causa di ciò, normalmente hanno rapporti con le banche molto più stringenti ed elevati di quelli che potrebbero sussistere in altre economie. È ovvio che la situazione ideale, oggi, sarebbe quella di un’azienda che nel tempo si è costruita riserve sia di patrimonio netto che di liquidità capaci di assorbire “colpi” del genere: auspicheremmo quindi un cash-flow in grado di mandarla avanti pur senza incassare, pagando i costi fissi anche per diversi mesi. 

I dati di fatto ci mostrano, però, che per la stragrande maggioranza di noi imprenditori non è così e, dunque, dobbiamo rivolgerci alle banche che, a loro volta, devono guardare allo Stato o all’Europa per avere delle possibilità di dare quello che agli imprenditori serve, ossia finanza straordinaria.
Il primo problema è, dunque, sostanziale: si cercherà di compensare dei mancati ricavi con nuovi debiti, e in un contesto in cui tante delle nostre aziende sono già parecchio indebitate, non è certamente la soluzione migliore, ma di risorse per dare a tutti contributi a fondo perduto non ce ne sono, dunque in qualche modo bisognerà accontentarsi.

Ecco perché oggi si sta cercando di allentare quelle regole, precedentemente molto stringenti, che ad esempio incentivano le banche a dare credito soprattutto alle aziende con elevato Rating e quindi, come si suol dire in questi casi, “dare i soldi a chi li ha già e negarli a chi ha davvero bisogno”. Oggi ci troviamo con un Fondo Centrale di Garanzia che promette, per un anno, un modello valutativo basato solo sui dati di bilancio e non su quelli andamentali (ovvero l’arcinota e temutissima Centrale Rischi). 

Interventi a sostegno delle imprese, cosa c’è da aspettarsi?

Le aziende che, magari, hanno “sconfinato” sul conto corrente dunque, in questa situazione potrebbero trovarsi sicuramente in condizioni più vantaggiose rispetto all’ordinarietà. Tanti economisti avevano invocato ed ipotizzato misure davvero drastiche, come ad esempio fidi e finanziamenti da restituire poi in 30 anni; ad oggi non sappiamo ancora se queste agevolazioni verranno mai concesse, fatto sta che effettivamente oggi si affronta un’epoca veramente straordinaria e gli interventi a sostegno delle imprese dovrebbero essere altrettanto straordinari per arrivare ad aiutare davvero un’economia che altrimenti, lasciata a se stessa, rischierebbe di andare al tracollo.

Per il momento (sto scrivendo queste righe a metà aprile 2020) non ho, però,  rilevato nulla di davvero clamoroso a sostegno del tessuto imprenditoriale, in quanto, ahimé, ci si sta limitando a rendere, sì, più agevoli e agevolanti le regole, ma di fatto sempre delle vecchie regole, “rivedute e corrette”, si tratta. Si sta potenziando il sistema delle garanzie sui prestiti aziendali, ma il lavoro di valutazione viene sempre demandato alle banche, che rischiano seriamente di non farcela a gestire, in tempi celeri, tutto questo lavoro extra.


Il “sistema” dovrà, inoltre, attentamente prevedere il fatto che, nel 2021, verranno depositati dei bilanci (riferiti al 2020), che non potranno essere guardati e giudicati come bilanci di un anno normale, e che quindi anche i famosi modelli di Rating delle banche dovranno prendere in considerazione che gli scostamenti rispetto al 2019 andranno imputati prevalentemente a fattori straordinari. 
Le aziende, in linea generale, avranno meno fatturato, meno redditività e più debito, e non potremo certo pensare di penalizzarle, per questo. 

Ci andremo, insomma, ad interfacciare con modelli e casistiche del tutto diversi da quelli a cui eravamo abituati e quindi potremo trovare certamente delle problematiche, ma magari anche delle opportunità, nel rapporto con le banche ai tempi del coronavirus, ad esempio accedendo a crediti  con regole che, fino a “ieri” erano comunque più rigide.